Ernesto De Martino



Ernesto De Martino, per usare le parole di Paolo Virno “è stato uno dei più importanti e originali filosofi del Novecento italiano. Meglio ancora: uno dei rari filosofi al cui arsenale concettuale può attingere, oggi più che mai un materialismo dalle spalle larghe, né esorcistico né riduzionista, tale cioè da accogliere in sé, impostandoli altrimenti, i problemi più intricati della tradizione speculativa moderna”. Filosofo quindi e non più come veniva riduttivamente classificato tempi addietro etnologo, o ancor più semplicisticamente ‘meridionalista’. Fare un riassunto della sua biografia intellettuale è impresa ardua, andremo quindi per sommi capi: nato a Napoli nel 1908 ha frequentato la scuola di Adolfo Omodeo e si è laureato con una tesi storico religiosa che gli ha consentito di entrare nella cerchia intellettuale del Croce. Durante la guerra scrive Il mondo magico, sulla magia del mondo primitivo che gli costerà non pochi problemi nell’ambito accademico e da parte dello stesso Croce per le sue tesi alquanto eterodosse sulla questione della ‘realtà’ dei poteri magici. La parte più rilevante del suo lavoro, alla quale deve la sua fama come ‘meridionalista’ riguarda il sud Italia, indagato con spedizioni etnologiche multidisciplinari. Al suo seguito sono andati fotografi, cineasti, medici, psichiatri e non ultimi musicologi come Diego Carpitella. Le opere di questo periodo sono Sud e magia, Morte e pianto rituale e La terra del rimorso. Quest’ultimo è diventato e continua ad essere un vero e proprio best seller grazie al successo che la pizzica ha riscosso nelle nuove generazioni, di cui testimonia l’appuntamento annuale in terra di Salento con concerti e manifestazioni. L’ultima sua opera La fine del mondo che voleva spostare i suoi studi antropologici dal mondo primitivo e dei residui contadini al mondo moderno urbano è stata interrotta dalla morte precoce avvenuta nel 1965. Il testo inedito e frammentario è stato pubblicato nel 1977 a cura della sua allieva Clara Gallini, autrice a sua volta di importanti studi antropologici. La storia politica di De Martino iniziata come tanti altri suoi coetanei con l’adesione al fascismo matura, grazie all’influenza crociana, alla militanza antifascista. Dalle file del partito socialista (PSIUP) è poi passato al Partito Comunista da cui si è allontanato negli ultimi anni. E’ famosa l’invettiva di Togliatti in una riunione della Commissione culturale nazionale contro quegli intellettuali che si occupano troppo di cose magico religiose, alludendo proprio a De Martino ma senza farne il nome. De Martino è stato insieme a Cesare Pavese curatore della Collana viola di Einaudi e ha contribuito alla conoscenza di tanti autori, come Eliade e Kerenyj, mal visti dall’intellighenzia culturale di sinistra. Nonostante permanga un notevole ostracismo sulla sua opera da parte della cultura ufficiale, quella che conta (nei salotti televisivi), i suoi libri sono sempre stati ristampati e reperibili. Esiste una nutrita serie di studi, pubblicazioni e convegni sulla sua opera e anche sulla sua biografia intellettuale. Recenti sono due corpose opere di due studiose, una delle quali francese, sulla formazione intellettuale del giovane De Martino. E sono inoltre in corso varie traduzioni delle sue opere in Francia, Inghilterra e vari altri paesi. Per concludere questo veloce schizzo possiamo tornare a Virno che analizzando l’ultima parte di La fine del mondo ci fa vedere come De Martino sforzandosi “di chiarire quale sia la peculiare fisionomia delle apocalissi culturali nella società industriale di massa” tenti così “di abbozzare, qui, una sorta di ontologia del presente” accostando così il pensiero di De Martino a quello di Michel Foucault. 

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